Una delle principali sfide per le amministrazioni pubbliche nei prossimi anni si gioca sulle consegne delle merci di ultimo miglio. Ma come gestirle in maniera quanto più efficiente e sostenibile possibile?
Sul tema è intervenuta Marisa Meta, Project Manager di FIT Consulting, con un’intervista per Il Sole 24 Ore pubblicata giovedì 12 maggio. Il pdf dell’intervista è disponibile cliccando qui.
Abbiamo approfondito l’argomento ponendo qualche ulteriore domanda alla Dott.ssa Meta.
Quali sono le tendenze che stanno prendendo piede nelle principali città per la distribuzione delle merci a zero emissioni?
I cambiamenti nel comportamento dei consumatori, i nuovi servizi di e-commerce, le consegne istantanee e la pandemia, che si uniscono ai tradizionali movimenti delle merci, stanno causando un aumento delle consegne dell’ultimo miglio e una forte pressione sugli ambienti urbani. In particolare, il fenomeno dell’e-commerce, se da un lato ha garantito al consumatore condizioni di acquisto più vantaggiose, dall’altro sta generando una proliferazione di micro-consegne a domicilio e una parcellizzazione delle spedizioni che ha aumentato le diseconomie presenti nel ciclo distributivo, generando enormi flussi di veicoli commerciali con coefficienti di carico molto bassi. Le misure che le città possono adottare per arginare le esternalità di queste dinamiche sono tante e possono essere di vario tipo:
- Gestionale: modello di governance efficiente; tavoli di lavoro permanenti dove stakeholders secondo un approccio “living lab” stabiliscono un dialogo strategico in cui co-creano e propongono soluzioni efficaci, sostenibili e trasferibili
- Comportamentale/culturale: “misure premiali” – non solo punitive – che incentivano gli stakeholder ad assumere comportamenti virtuosi (es Incentivi per acquisto di veicoli a basso impatto ambientale, Campagne di informazione/gamification, accesso privilegiato alle aree soggette a limitazione per i soggetti che rispettano determinati standard di sostenibilità ecc.)
- Normativa: regolamentazione dei permessi; sistemi di consegna fuori orario; logistica inversa
- Infrastrutturale: razionalizzazione aree c/s e promozione di un utilizzo ottimale, con il supporto di strumenti digitali (device) e delle nuove tecnologie; realizzazione di infrastrutture ad hoc per lo stoccaggio delle merci (Piano di sviluppo delle piazzole di c/s, centri di distribuzione urbana, mini-piattaforme, Parcel Lockers ecc).
In generale, comunque, direi che le misure da intraprendere devono seguire due principi: ottimizzazione e sostenibilità. In questo senso la digitalizzazione fornisce delle grandi opportunità, soprattutto ora che il costo di sensori si sta abbassando. Ad esempio, l’implementazione di sistemi di georeferenziazione e gestione delle flotte permetterebbe l’acquisizione di dati e indicatori rilevanti che permettono per agli operatori logistici di verificare l’efficacia delle misure di efficientamento e pianificare al meglio i giri di consegna; ai clienti di monitorare la posizione del veicolo e farsi trovare pronti a ricevere la merce e, infine, alle città di avere visibilità dei flussi commerciali e organizzare in tempo reale l’utilizzo delle infrastrutture, anch’esse “digitalizzate”. Questo poi permetterebbe di poter associare a ciascun giro di presa-consegna un impatto ambientale e quindi di rendere possibile ai clienti (siano essi attività commerciali che consumatori finali) la scelta di operatori che dedicano maggiore attenzione alla sostenibilità, permettendo di associare un valore reale e concreto alla sostenibilità; in altre parole, il tracciamento, così come fatto per i prodotti bio, permetterebbe al consumatore di acquisire consapevolezza dell’impatto delle sue scelte e guidare un cambiamento duraturo nel settore.
Quale sarà l’evoluzione futura?
L’evoluzione futura dipenderà da quanto le città sapranno identificare e governare i cambiamenti della domanda di mobilità delle persone e delle merci. In poco più di due anni abbiamo assistito a due eventi totalmente imprevisti che hanno avuto un grosso impatto sui costi del trasporto, sulle catene di approvvigionamento globali che sulle nostre abitudini di consumo: la pandemia e la guerra in Ucraina. In questo senso il monitoraggio dei dati relativi alla domanda e all’offerta di logistica urbana (cui accennavo alla domanda precedente) o meglio agli indicatori di impatto, sono fondamentali per ricalibrare opportunamente le misure in funzione dei cambiamenti che interesseranno il mercato e definire quindi un modello di logistica urbana maggiormente resiliente.
Il monitoraggio in tempo reale dei dati di domanda e di offerta passeggeri e merci in ingresso e in uscita dalle aree urbane può consentire un utilizzo efficiente dei (limitati) risorse e spazi che le città hanno a disposizione e che devono necessariamente valorizzare, in quanto si tratta di beni comuni.
Prendiamo ad esempio il curbside, ovvero lo spazio urbano su strada adiacente al marciapiedi e il marciapiedi stesso. Il curbiside è dove il trasporto, lo spostamento, diventa accesso. Le consegne di merci dirette al consumatore sono andate ad aggiungersi alla già accesa competizione di servizi per l’utilizzo di questa risorsa che la città ha a disposizione: parcheggio delle auto, sosta degli autobus, sosta dei taxi e dei servizi di ride-hailing, consegna delle merci per approvvigionamento dei negozi, sosta di veicoli in sharing come monopattini e biciclette, ritiro dei pasti sui marciapiedi (curbside pickup). Durante la pandemia ci siamo anche abituati a vedere questi spazi ospitare i tavolini dei ristoranti per assicurare il distanziamento sociale. In questo senso, in una proiezione futura, il tema della logistica urbana si arricchisce del tema del curbside management, trovando un modello di governance flessibile che consenta, secondo determinati parametri, in funzione anche della specifica vocazione urbanistica, di dare priorità all’utilizzo dell’accosto, del parcheggio, della fermata e delle zone di carico/scarico in diversi momenti della giornata, e in funzione di criteri che prioritizzino le scelte più sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale ed economico.
Milano si è aggiudicata un bando del C40 per ridisegnare la consegna urbana delle merci nell’ottica di una transizione sostenibile. A che punto è il nostro Paese nella pianificazione di una distribuzione delle merci sostenibile?
Per molti anni e ancora oggi purtroppo, la logistica ha avuto poca rilevanza, visibilità e attenzione da parte di strumenti di pianificazione della mobilità urbana come i Piani Urbani della Mobilità Sostenibile[1] (PUMS) e in generale da parte delle amministrazioni locali e metropolitane. Questo nonostante già il libro Bianco dei Trasporti della Commissione Europea nel 2011 abbia fissato l’obiettivo di raggiungere una logistica urbana a 0 emissioni nelle principali città europee entro il 2030.
La scarsa considerazione della logistica nei Piani Urbani della Mobilità Sostenibile[2] dipende da tre fattori fondamentali. Il primo, come già accennato, è la carenza (a volte assenza) di dati utili alla ricostruzione delle dinamiche della logistica urbana. Oltre a questo, c’è da aggiungere che, da un lato, le competenze di chi si occupa di mobilità sono spesso molto avanzate sul fronte del trasporto persone, ma carenti per quello che riguarda il trasporto merci; dall’altra, vi è una scarsa attività di sensibilizzazione e formazione dei cittadini, mediamente poco consapevoli di tutto ciò che permette loro di prendere ogni mattina un cornetto caldo al bar o trovare gli scaffali del supermercato sempre forniti di tutti i prodotti che servono. In entrambi i casi, si dimentica che la logistica costituisce un fattore determinante per la vitalità economica di un territorio, garantendo un’ottimizzazione dei flussi di approvvigionamento delle industrie che lavorano le materie prime e di distribuzione del prodotto finale ai negozi e ai consumatori finali.
Secondo l’analisi dei PUMS italiani inclusa nel Rapporto MobilitAria 2021, redatto da Kyoto Club e CNR-Istituto sull’Inquinamento Atmosferico, nei 22 PUMS capoluogo di Provincia analizzati, si fa riferimento alle criticità del sistema di consegne e vengono indicati degli obiettivi generali, ma in genere non vengono proposte azioni mirate né tempi e target da raggiungere per il miglioramento di questo settore, confermando come si tratti di un ambito di intervento davvero ancora poco studiato.
Fortunatamente, in Europa e di riflesso anche negli stati membri, l’attenzione rispetto alla logistica urbana sta diventando sempre maggiore, anche perché ci si è resi conto che gli impatti della logistica urbana sulle città sono davvero rilevanti e lo saranno sempre di più considerando che già oggi il 20% del traffico urbano e 30% delle emissioni in ambito urbano sono generate dalla logistica; in un contesto in cui uno studio FM Logistics prevede una crescita annuale del mercato dell’8%/anno fino al 2030.
Il Piano Urbano di Logistica Sostenibile è lo strumento di pianificazione che permette di governare le esternalità legate alla logistica urbana, permettendo di definire misure che puntino alla qualità dell’ambiente urbano, alla floridità del tessuto economico e sostenibilità del modello di business per gli operatori del settore. Le soluzioni disponibili sono molte ma vanno tarate sulle peculiarità dell’area urbana.
Quali sono i modelli da seguire in Europa (come città intendo) e quali sono i loro punti di forza?
Al di là delle specifiche soluzioni da adottare, i modelli di logistica urbana che risultano vincenti nelle città europee sono quelli che sono stati definiti sulla base di un piano di coinvolgimento di tutti i principali attori della logistica urbana sin dalle prime fasi di identificazione delle criticità e condivisione degli obiettivi, fino all’implementazione e al monitoraggio (ed eventuale ricalibrazione) delle misure co-definite. La condivisione è infatti il presupposto imprescindibile per la corretta identificazione di azioni e misure di logistica urbana da implementare attraverso la definizione di una roadmap condivisa in cui siano chiari tempistiche e responsabilità. Per la logistica urbana questo elemento è fondamentale perché il trasporto urbano delle merci, rispetto a quello delle persone, è un settore che coinvolge diverse tipologie di attori, con interessi spesso divergenti tra loro. Le principali categorie di attori comprendono i produttori della merce; gli operatori della catena logistica urbana (Distributori, Grossisti, Trasportatori, Spedizionieri, Corrieri); i destinatari della merce rappresentati dalla GDO (ipermercati, supermercati, discount), dai dettaglianti e dai pubblici esercizi; i consumatori finali e, infine, le Pubbliche Amministrazioni. A questi si aggiunge anche un’altra categoria di attori, che vengono compresi in una definizione più ampia di logistica urbana: ovvero tutti quegli operatori di servizi a supporto delle attività di produzione (es. ristrutturazioni, produzioni, trasformazioni, etc.), di manutenzione (es. ascensori, impianti, telecomunicazioni, etc.) o artigianali (vetrai, falegnami, fabbri, etc.), svolte sia da aziende di diritto pubblico/privato, sia da individui (partita iva) in conto terzi e in conto proprio. Questi attori hanno spesso interessi ed esigenze molto diversi tra loro. Inoltre, c’è da considerare anche che ciascuna filiera merceologica ha diverse esigenze di accesso transito e sosta nelle aree urbane.
Un esempio eccellente in questo senso è quello rappresentato dalla città di Rotterdam che, partendo da un’analisi esigenze specifiche di ciascuna categoria di attore e di filiera merceologica, ha definito una roadmap condivisa, che scandisce tempi e responsabilità per il perseguimento di una logistica urbana a zero emissioni, completata da un patto sottoscritto da tutti i principali attori della logistica urbana.
Stesso approccio stiamo seguendo per la Città Metropolitana di Roma, dove, forse per la prima volta in Italia, stiamo coinvolgendo un panel di attori che ambisce a rappresentare tutti i principali attori del settore logistico dell’area metropolitana: dai gestori delle infrastrutture portuali, ferroviarie, aeroportuali e stradali (offerta) agli operatori del trasporto merci, ai destinatari della merce, ma anche il MIMS con l’albo dell’autotrasporto, sindacati che rappresentano i lavoratori del settore, associazioni ambientaliste, e università. L’obiettivo è che questo tavolo di lavoro perduri anche nelle fasi successive all’adozione del piano per definire una cabina di regia permanente che possa definire, monitorare e ricalibrare un modello di logistica metropolitana sostenibile e resiliente.
[1] Il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile è è un piano strategico volto a soddisfare la domanda di mobilità delle persone e delle merci in ambito urbano e periurbano per migliorare la qualità della vita negli ambienti urbani.
[2] Il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile è un piano strategico volto a soddisfare la domanda di mobilità delle persone e delle merci in ambito urbano e periurbano per migliorare la qualità della vita negli ambienti urbani.